di Marco Ferri
In questo articolo il mio intento è evidenziare la pregnanza su un piano lessicale del fenomeno delle ondate e dei riflussi, a sostegno dell’idea che la democrazia non è un qualcosa di acquisito o, più ingenuamente, di naturale: la sua nascita e il suo stato di salute sono indissolubilmente legati alla volontà delle persone di promuoverla e di perpetuarla.
Inizio dalla Treccani nella sezione del vocabolario: il primo significato è la descrizione del fenomeno naturale, gli altri sono significati estensivi e figurati. Ondata: -1 colpo di mare provocato da un’onda piuttosto grossa e violenta. – 2 estens. e fig., massa, grande quantità di elementi, di persone o cose che si diffonde, si riversa, investe […]. Riflusso: – 2 l’azione, il fatto di rifluire, cioè del fluire indietro di una corrente di liquido […] – 3 in senso fig. riferito a persone, movimento in senso contrario, ritorno … per le vie cittadine; … del pubblico dal teatro al termine dello spettacolo …
Queste due parole, apparentemente così distanti dal lessico politico, in realtà richiamano una teoria fondamentale delle scienze politiche riguardo allo sviluppo della democrazia.
Lo studioso più noto che contribuì alla codificazione di questo fenomeno fu Samuel Huntington, professore di politica estera ad Harvard e consigliere dell’amministrazione Carter (1977-1981). Secondo il suo pensiero la democrazia ha dei cicli di espansione e di regressione, analogamente a quanto avviene in economia, definiti “ondate di democratizzazione e di riflusso“, le quali seguono una periodizzazione ben precisa, che investe il XIX e il XX secolo, in cui a periodi di ondate dove i paesi approdati (o tornati) a un regime democratico sono stati nettamente maggiori dei paesi dove si è assistito a una regressione autoritaria, sono seguite delle fasi di riflusso dove è successo l’opposto ossia si è verificata una rarefazione dei regimi democratici nel mondo.
Prima di approfondire il fenomeno delle fasi di ondata e di riflusso delle democrazie mi sembra doveroso approfondire il concetto stesso di democrazia. Sempre la Treccani definisce la democrazia come una “forma di governo in cui il potere risiede nel popolo […]”, dal greco antico δημοκρατία, composto di δῆμος «popolo» e κράτος «potere». Questo è il significato comune o etimologico del termine anche se studiosi di altissima levatura come Norberto Bobbio e Robert Dahl hanno esteso la definizione ponendo l’attenzione soprattutto sulla dimensione metodologica o procedurale della democrazia (“la democrazia è una procedura intessuta di un’intricata matassa di beni sostanziali” cit. Dahl). In definitiva si può definire la democrazia come un regime fondato su un metodo (o forma) di governo caratterizzato da una pluralità di leader e gruppi politici che competono per il consenso degli elettori e l’assunzione di ruoli di governo attraverso elezioni libere, corrette e ricorrenti. Affinché il processo democratico persista e sia effettivo devono essere garantiti il diritto di voto, la libertà di opinione, parola, informazione, associazione e, in più, la separazione dei poteri, retaggio del liberalismo e ultimo requisito per la piena identificazione di una democrazia.
Tornando alla teoria delle ondate e dei riflussi, e quindi a una dimensione concreta e tangibile della democrazia, il primo periodo in cui si osserva la prima ondata di diffusione della democrazia nel mondo inizia agli albori dell’800 e termina nel 1920. Il primo riflusso, invece, avviene intorno al 1930 con l’instaurazione di dittature in diversi paesi tra cui l’Italia, il Giappone, la Cina, la Germania e la Russia (con l’involuzione del regime sovietico in autentica tirannide attraverso le Grandi Purghe dal ’36 al ’38). La seconda ondata si manifesta al termine della seconda guerra mondiale con il ritorno alla democrazia dei paesi dell’Europa occidentale e col percorso che porta all’indipendenza delle loro ex colonie (emblematico è il caso dei trecentocinquanta milioni di Indiani). Negli anni ’50 e ’60 si assisté al secondo riflusso incarnato dai regimi militari in America Latina, Africa e, più vicino a noi, in Grecia e in Turchia. Il 1975 è convenzionalmente l’anno in cui inizia la terza ondata: processi di democratizzazione hanno coinvolto dapprima paesi dell’Europa meridionale (Spagna, Portogallo, Grecia) e successivamente anche dell’America Latina, dell’ex impero britannico e dell’ex blocco sovietico. Huntington, delineando i fattori storici alla base di quest’ultima ondata di democratizzazione, individuò cinque elementi fondamentali:
- la forte crescita economica degli anni ’50 e ’60 con la conseguente diffusione del benessere e dell’istruzione nonché il dilatarsi dell’autonomia della società civile
- la successiva recessione economica dovuta principalmente agli shock petroliferi degli anni ’70 e le tensioni sociali correlate che portarono a una delegittimazione dei regimi autoritari, quale ad esempio la dittatura franchista in Spagna
- il concilio Vaticano II (1962-65) che modernizzò la dottrina della Chiesa cattolica rispetto alla democrazia e alla libertà di coscienza
- la politica estera degli Stati Uniti sotto i presidenti Carter e Reagan (1976-80;1980-88) volta alla promozione della democrazia in America Latina e quella dell’Unione Sovietica guidata dal segretario Gorbačëv (1985-1991) volta all’alleggerimento dei vincoli sui paesi satelliti
- l’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa su un piano globale e lo stimolo delle emulazioni tramite il cosiddetto “effetto valanga”.
Arrivando all’oggi, sebbene gli studiosi concordino nell’affermare che la terza ondata di democratizzazione è conclusa, il terzo riflusso non si è ancora verificato. Il suo verificarsi non è chiaramente una prescrizione del medico di famiglia né tantomeno della storia e ci si augura che non accada. In letteratura sono state individuate delle condizioni necessarie affinché una democrazia sopravviva ovvero livelli alti di reddito pro capite, equa distribuzione della ricchezza tra i cittadini, livelli alti di istruzione, sistemi politici con alternanze regolari di governo, forme di governo parlamentari e assenza di una forza politica preponderante nel sistema politico.
Va detto che alcuni di questi presupposti cominciano a scricchiolare e, volendo applicare la parola “riflusso” al contesto sociopolitico italiano, si trova già un suo utilizzo in ambito giornalistico a partire dalla fine degli anni ’70: si tratta del “riflusso nel privato“, espressione con cui si disegnava la perdita di alcuni riferimenti del passato (ideologie, impegno civile, ruolo dei partiti e dei sindacati etc..) nella società dell’epoca, caratterizzata da un ripiegamento dell’ agire del singolo nella sfera privata, un fenomeno che oggi appare molto più marcato che allora.
Riprendendo quanto anticipato all’inizio, al di là del fenomeno delle ondate e dei riflussi inteso nella sua applicazione storica, ho voluto evidenziare la corposità di questa espressione, a sostegno dell’idea che la democrazia non sopravvive senza l’interesse e la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Dare per scontato che le libertà civili di cui godiamo si conservino e si espandano è pericoloso e non possiamo esimerci dal coltivarle. A prescindere dalle contingenze storiche è bene ricordare che questo “arido” concetto che rimanda a una procedura sul governo dello stato accoglie in sé un tesoro di valori morali autoevidenti che vanno scrupolosamente difesi, oggi come sempre.
Fonti- *Enciclopedia Treccani *S.Vassallo “Sistemi politici comparati’, ed. Il Mulino – Bologna 2016

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