Conversazione con Gilda, a proposito di donne, vita personale e lavoro.

di Bruna Osimo

Come di consueto intorno all’8 marzo, si sono moltiplicate le iniziative dedicate alle donne e al binomio donne-lavoro. Il lavoro, la possibilità di scelta e le condizioni del mercato, sono un aspetto rilevante della forma della democrazia di ogni paese. Qui di seguito propongo un breve scambio di riflessioni con Gilda Romano che inizia a lavorare a Napoli dove è nata e, dopo la laurea, ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro. Oggi vive a Milano dove ha fondato una società di consulenza[1]. Ci siamo conosciute quando era ancora dipendente in una multinazionale di telecomunicazioni. È lei che mi ha spinto a misurarmi sul fronte dell’outplacement ed è così che mi trovo ad accompagnare ogni persona che lo richiede in un percorso individuale di guida a ricollocarsi. Una persona che, dopo avere iniziato una nuova attività e se tutto funziona, in genere non sentirò più perché “ha spiccato il volo”.

D. Quali sono state le tue motivazioni, le spinte interiori che ti hanno portato a fondare la tua impresa?

R. L’idea di dare forma e corpo a un progetto personale e di uscire quindi dal contesto aziendale si collega a uno spirito imprenditoriale che ho sempre avuto. Sicuramente, e in maniera anche molto netta, l’essere diventata mamma mi ha dato un’accelerazione importante, e in un delirio di onnipotenza che è tipico delle donne quando partoriscono, pensavo e mi dicevo «Ho questo sogno di creare qualcosa di mio … sono riuscita a riprodurre un altro essere vivente senza fare nulla di eccezionale per riuscire … perché non provare con una società che mi sembra un po’ più semplice come progetto?». Non nascondo che l’idea di avere un business personale mi ha accompagnato in tutte le esperienze professionali … ho sempre avuto un approccio imprenditoriale anche da dipendente, come se l’azienda per cui lavoravo fosse un po’ mia. E quindi ho colto questa situazione per avere una maggiore flessibilità oraria e dare corpo all’idea di iniziare a costruire qualcosa di mio. La maternità anziché essere un problema è stata una grande opportunità.

D. Quasi un bilanciamento tra vita privata e lavoro, un lavoro che si colori di innovazione e fuga dalla routine?

R. La fuga dalla routine è un elemento importante, non ho mai fatto lo stesso mestiere per più di due anni anche rimanendo nella stessa azienda. Nel corso di tanti anni in Vodafone, prima Omnitel, trascorrevo un paio di anni in media e poi scattava la molla e cambiavo: ho cambiato città e funzione aziendale, avendo l’opportunità di cogliere tra le skills che l’organizzazione mi offriva e sempre con questa voglia di arricchire il percorso e non annoiarsi mai. E questo è probabilmente un altro tratto personale: la ricerca dell’innovazione, di vedere cose diverse e mettersi un po’ alla prova. Nella seconda esperienza aziendale avevo tante aree diverse di responsabilità , dalla pianificazione operativa, alla qualità, al mondo del training e della selezione all’interno delle customer’s operations, dunque una gamma variegata di aree da coprire. E questo mi permetteva di stare tranquilla e di non annoiarmi mai dovendo rispondere a stimoli così diversi. L’idea di intraprendere un percorso imprenditoriale portava all’ennesima potenza queste caratteristiche dell’agire professionale.  E non tornerei indietro perché un silos troppo verticale è un po’ riduttivo, e detta in maniera sintetica, mi annoierei per come sono fatta io.

D. Nella tua società la selezione ti occupa molto tempo … non è simile al silos verticale cui accenavi … un percorso di carriera per esempio nelle HR non ti attirava?

R. Mi attirava: ho iniziato con la formazione tecnica, ho aggiunto quella manageriale e poi per ruoli di vertice, alla formazione ho aggiunto altri “pezzi” come la gestione delle risorse umane nel ruolo di HR-business partner nel mondo reti di telecomunicazione e IT, e via via altri elementi, però sempre nella stessa azienda. Nella mia esperienza attuale ho la fortuna di passare da contesti legati al mondo dei media e pubblicità, alla produzione di pompe e turbine, alla consulenza strategica … è come vivere cento vite nella stessa posizione cosa che nessuna azienda ti può dare.

D. Mi racconti – immaginando di parlare a giovani donne – un qualcosa che ti è particolarmente piaciuto del lavoro in una grande azienda prima e poi nella tua impresa? …

R. Sicuramente l’elemento comune che muove il mondo è la passione. Spesso si fanno le scelte pensando più a un percorso di carriera, pensando a … giusto, però … la passione muove il mondo, ti fa superare le difficoltà e, se fai un mestiere e lo fai con passione, questo ti aiuta a vivere l’organizzazione e il lavoro in modo differente. Questo è l’elemento comune a entrambe le mie esperienze: quindi il mio suggerimento a giovani donne è muovetevi seguendo la vostra passione, la vostra inclinazione. La caratteristica importante è ricercare un proprio percorso dove avere metodo, rigore, essere preparati, continuare a studiare – e questo sia lavorando in azienda, sia quando si fa un mestiere nella consulenza – e se ci facciamo guidare dalla passione e non da quello che può essere più conveniente al momento, sicuramente questo aiuterà. Io ho avuto la fortuna di crescere in un’azienda dove anche il senso di appartenenza era fortissimo, una grande scuola di management e sono grata a quel contesto che mi ha permesso di entrare in relazione con interlocutori che hanno facilitato la mia crescita. Ci sono stati dei capi che mi hanno illuminato e permesso così di intraprendere il percorso successivo. Aggiungo dunque un altro suggerimento che è cercare dei modelli che possano essere di ispirazione.

D. E li cerchi anche ora che hai questa tua società?

R. Arrivi a un punto dove anche tu diventi un modello, e lo dico con poca modestia. E a questo punto quello che cerchi e che conta, più che un modello, è un’attitudine a non fermarsi. C’è una sorta di inversione: mentre prima i modelli di ispirazione erano i senior manager ora, in questa fase della mia esperienza, sono i giovani quelli che mi ispirano di più, permettendomi di scoprire dei valori che sono diversi da quelli della mia generazione. 

D. Per chiudere … a te che operi nell’incontro tra domanda e offerta, cosa incuriosisce del mercato del lavoro attuale?

R. Quanto al mercato del lavoro odierno e a quello che sarà … io sono molto incuriosita dall’utilizzo delle nuove tecnologie, non spaventata ma fortemente incuriosita perché credo che ci siano delle evoluzioni che anche con le più rosee capacità previsionali non riusciamo neppure a intravedere. Il mercato del lavoro tra due o tre anni sarà già un universo completamente differente che richiederà competenze e abilità completamente diverse e non tanto dal punto di vista tecnico quanto della capacità di ricercare. Come dicevo incuriosita anche se lo scenario degli ultimi eventi un po’ impensierisce

D. Intendi la dinamica sociale e politica che sta scuotendo le regole della relazione tra Stati e popoli immagino … ma tu dici “se faccio finta per un attimo di non vedere e non sentire questa tempesta” e metto il focus solo sul mercato del lavoro, è stimolante immaginare come cambierà … ho capito bene? 

R. Sì, con quale logica cambierà perché con la forma dell’immaginare odierna non ci arriviamo … Come cambierà il quotidiano, come cambieranno i profili e il modo di interagire con la tecnologia, … c’è una un’evoluzione legata alle competenze soft che è difficile anche pensare più che prevedere.

Ci sono tante analisi ma tutte le analisi non sono così capaci di registrare in tempo utile i cambiamenti rispetto alla velocità con cui avvengono nel mercato del lavoro. Un’analisi fatta oggi tra un anno potrebbe essere superata.


[1] La società che Gilda Romano ha creato ha compiuto dieci anni nel 2024 (https://renaissanceconsulenza.it/). Così Gilda la descrive: «Il nome stesso è evocativo – ‘Renaissance’ cioè Rinascita e Rinascimento – in un’ottica di ricominciare recuperando tutto quello che di bello avevo maturato negli anni di lavoro da dipendente, dandomi la possibilità di dare sfogo alla creatività e alla possibilità non così banale  di scegliere gli interlocutori con cui collaborare, i clienti e anche le aree su cui fornire servizi dalla selezione, all’outplacement, alla formazione, portando quel pizzico di innovazione e di genuinità verso l’evoluzione delle persone e dell’organizzazione che non sempre nelle aziende si riesce a concretizzare». 

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