di Simone Mornati e Bruna Osimo
Con Simone Mornati abbiamo scritto poche righe a due mani per Luca Attanasio. Lui ha messo i ricordi, io la trascrizione.
Quasi sempre gli ambasciatori italiani provengono da famiglie che sono state parte di una élite per status economico o sociale: molti infatti sono figli di famiglie aristocratiche. Luca Attanasio ha un’origine popolare, racconta Simone che lo aveva conosciuto anni fa.
«Un giovane come tanti, di origini popolari. I genitori raccontano di aver faticato per accompagnarlo nelle sue scelte. Sono gente comune, “ordinary people” detta con un anglicismo, e questo fa sì che Luca nell’adolescenza e giovinezza conosca molta gente comune il che lo rende particolare appunto nel mondo della diplomazia dove porterà nel procedere della sua carriera questo tratto del contatto con la gente comune. Unico forse in quegli anni, quando ha inizio la sua scelta di vita, quando lascia il lavoro in un’azienda dopo la laurea in Università Bocconi e si iscrive a un corso dell’ISPI che darà il via al suo percorso di carriera».
Simone conosce Luca in occasione di un incontro organizzato a Milano dalla Comunità di Taizé, con le parrocchie e i giovani volontari che danno una mano per organizzare l’accoglienza[1] degli ospiti in arrivo da tutta Europa.
Siamo nel 2005, Luca ha ventiquattro anni, Simone e gli altri coetanei che gli danno una mano all’incirca venti. Lui non solo era l’organizzatore ma era «una di quelle persone che spiccano, appariscenti per la loro personalità e restano per sempre impresse nella memoria e nell’animo di chi le incontra».
Si trattava di un’iniziativa che «ti coinvolge, genera passione, muove le convinzioni e induce a interrogarsi. Ed è il momento in cui Luca inizia a nutrire dubbi sulle sue scelte e finirà per optare per il master dell’Ispi, che lo lancerà nella carriera diplomatica, console prima e poi ambasciatore.»
È così che Luca Attanasio, anche se non si incontreranno più, resterà una figura di riferimento significativa per quel gruppo di giovani, ora persone adulte «che conserva il ricordo e sente forte l’identità del percorso fatto». Un percorso spiega Simone che porta gente della sua generazione a sperimentare nel ritiro di Taizé «un allargamento che a partire dall’appartenenza ristretta alla “tua” spiritualità ti porta a cercare e trovare fiducia in una spiritualità più ampia e inclusiva».
Ecco forse il tratto più forte nella vita di Luca, «quella irriducibile necessità di conciliare una vita “ad extra” con una profonda ricerca spirituale[2]». Lui che da cattolico si era unito in matrimonio con una donna musulmana, non ha fatto mai mistero di questa ricerca interiore. Ed è forse proprio questo che ha reso la sua vita prima e la sua memoria ora così luminosa.
[1] La Comunità di Taizé è conosciuta per il fatto di organizzare incontri sulla spiritualità, che hanno luogo in forma itinerante in diverse città europee. Negli annui di cui si parla ebbero luogo oltre che a Milano, per fare qualche esempio, a Barcellona e Budapest.
[2] Rimandiamo su questo punto all’intervento di don Alberto Ravagnani alla Leopolda 12 – https://youtu.be/DE90fDnzPNM?si=RWpgWx88Fmd_uifZ


Lascia un commento