di Marco Ferri
Edoardo Arcidiacono è un consigliere del Municipio 5, classe 2001, studia Storia alla Statale di Milano e lo conosco da quando facevamo scout assieme nella (gloriosa) pattuglia Leoni. In una sera piovosa di fine
ottobre siamo andati in una birreria in zona Navigli per chiacchierare del più e del meno, e ho colto l’occasione per fargli una piccola intervista.
D. Quali sono i temi di cui ti occupi in Consiglio di Municipio 5?
R. Presiedo la commissione Sport e Tempo Libero, e mi occupo prevalentemente di monitoraggio e riqualificazione degli impianti sportivi. Nel nostro Municipio abbiamo il Carraro, che purtroppo è chiuso da sette anni per lavori di riqualificazione. Ma nonostante il covid e le lungaggini burocratiche, secondo quanto detto dall’Assessore comunale allo sport Martina Riva,dovremmo riuscire a renderlo accessibile a breve, anche se solamente in parte. Grazie allo stanziamento di 3,4 milioni di euro del PNRR, entro il 2026 dovrebbe essere riaperto completamente.
Stiamo poi installando aree dedicate alle discipline a corpo libero: ne abbiamo già collocata una al parco Ravizza e al parco delle Memorie Industriali. Purtroppo i fondi in dote al Municipio sono pochi, e dobbiamo contare principalmente sulla libera iniziativa dei privati. A mio modo di vedere, dovrebbe esserci una maggiore attenzione verso gli sport che tipicamente si praticano in un contesto urbano, come lo skating e il parkour. Certe persone hanno la convinzione sbagliata che chipratica questi sport contribuisca a rovinare gli spazi cittadini. È esattamente il contrario: sono ragazzi interessati a curare gli ambienti dove svolgono le loro discipline e al contempo rendono i luoghi della città più sicuri, specie nelle zone più a rischio.
D. Quali sono invece le priorità della giunta municipale che sostieni? Pensi che si stia facendo un buon lavoro?
R. La giunta municipale lavora bene, detto ciò si potrebbe fare di più su un grande tema che riguarda la nostra zona, ovvero il collegamento con altre aree della città. Purtroppo però il Municipio ha competenze
limitate a riguardo, e bisogna scendere a patti con questo dato di fatto. È il Comune ad occuparsi dei trasporti. Il Municipio 5 è interessato da un’unica fermata della metro, piazza Abbiategrasso. L’asse di Via Ripamonti è praticamente isolato dalla rete metropolitana. Il 24, il tram che da Ripamonti risale fino al centro città, è l’unico mezzo utile per arrivare in centro. Non ha nemmeno una corsia preferenziale per cui i tempi di percorrenza sono infiniti. E la zona del Vigentino, per intenderci è quella subito a sud della Bocconi, così rimane isolata. Per nonparlare della sera, quando i mezzi si interrompono e decine di migliaia di ersone sono obbligate a ricorrere al trasporto privato: una città europea come Milano deve poter offrire ai suoi cittadini un servizio di trasporto notturno sicuro ed efficiente. Un altro tema che mi sta a cuore è la riqualificazione di zone dismesse: nel mio quartiere, le Terrazze in zona Gratosoglio, c’è un enorme edificio, fino a qualche anno fa adibito a studentato della Bocconi. Da quando l’Università ha lasciato l’edificio definitivamente, dopo anni di disimpegno graduale, è abbandonato a sé stesso. Con un’azione congiunta tra pubblico e privato si potrebbe recuperarlo(. In primis) per ridare linfa vitale al quartiere, e poi perché sarebbe un tassello per costruire una risposta al problema della carenza degli alloggi per gli studenti. Gli edifici abbandonati a Milano sono più di un migliaio. Il Comune deve prendere in mano la situazione e dare una risposta al problema del caro affitti.
D. Visto che si è parlato di studenti, mi è venuto in mente il problema dell’abbandono scolastico. Secondo dati recenti, il tasso di ragazzi che abbandonano gli studi è in salita, in controtendenza con un
trend decennale di flessione. Che ne pensi?
R. Non mi stupisce. L’Italia è uno dei Paesi europei in cui si legge di meno, nei test standardizzati di solito non facciamo bella figura. Il problema dell’abbandono scolastico è grave e riguarda spesso aree depresse del Paese. Dovrebbero essere istituite delle “zone di insegnamento speciale”, nelle quali concentrare risorse e personale per invertire questo trend. Va anche detto che la scuola andrebbe rimodernata. Senza perbenismi, non faccio fatica a pensare che un ragazzino, specie se proveniente da condizioni di disagio, sia portato a concepire la scuola come un luogo inutile per la sua vita. Servirebbe una grande riforma che diversifichi i programmi, introduca le materie elettive esattamente come avviene in altri Paesi e soprattutto dia più spazio all’attualità. Intendo che il modo migliore per formare la coscienza di un futuro adulto sia insegnargli ad informarsi adeguatamente e a capire cosa succede intorno a noi. La scuola deve diventare un luogo in cui si acquisiscono strumenti utili ad affrontare la vita, ad oggi non sembra così. L’impostazione dell’insegnamento è ancora basata sul metodo gentiliano, frutto della riforma degli anni Venti, la cui eco continua a irrigidire il sistema e a ricondurlo a modelli superati. Oltre a ciò, c’è il problema infrastrutturale che imperversa da anni. La scuola non può essere sottofinanziata, gli insegnanti devono ricevere un trattamento economico più dignitoso ed avere a disposizione strumenti più innovativi, anche per restare al passo coi gli sviluppi del mondo digitale. Per me è importante prevedere anche di aumentare il tempo che si passa a scuola: inserire il tempo pieno permetterebbe di rendere più effettiva la didattica e di non abbandonare gli studenti a loro stessi o per strada.
D. Per quanto riguarda il rapporto tra i giovani e la politica vorrei chiederti cosa ne pensi della disaffezione dei nostri coetanei e di come si potrebbe migliorare il loro coinvolgimento.
R. Si tratta di un problema gravissimo che mette in crisi il funzionamento delle nostre democrazie. A volte parlo con giovani che si vantano di non avere votato, lamentandosi poi dell’esito delle elezioni. Rispondo loro con una frase che mi ha smosso tre anni fa, quando ho iniziato a occuparmi di politica: se non ti occupi della politica un giorno lei si occuperà di te. È importante partecipare a prescindere.
Sarebbe auspicabile fare capire meglio il funzionamento dei meccanismi della democrazia e della scelta dei rappresentanti. Servirebbe una riforma della legge elettorale, le liste bloccate (quelle in cui a scegliere l’ordine di preferenza dei candidati è il partito di provenienza e non l’elettore) sono un retaggio anacronistico della Prima Repubblica e sono tra gli elementi responsabili del calo di coinvolgimento dell’elettorato. In più, la politica è diventata uno scontro di urla. I contenuti sono scarsi e questo vociare si fonda su una contrapposizione ideologica forzata, dove il politico di turno si posiziona sulla base di chi attaccare. Per fortuna ci sono ancora tanti ragazzi di buona volontà, che partecipano e non si arrendono. Purtroppo in questi anni abbiamo subito forti scossoni dalla cosiddetta antipolitica. Abbiamo votato di tutto e di più, spingendoci sempre più verso le estremità. Forze come i Cinque Stelle o Fratelli d’Italia si dichiaravano oppositori del ceto politico e pensavano di poter dare risposte semplici a problemi complessi.
Puntualmente le aspettative sono state disattese. La conseguenza è che l’elettore ha perso fiducia, e la disaffezione è cresciuta.
D. Personalmente ritengo che l’eccessiva polarizzazione della politica sia un pericolo incombente, non credi che l’incomunicabilità tra diverse parti sociali possa portare ad estremismi e demagogie?
R. Dal 1994 l’Italia è rimasta intrappolata in un sistema bipolare che all’epoca era sembrata una conquista. Da anni si attendeva l’introduzione di questo modello, pensando che avrebbe dato stabilità e (avrebbe dato) una giusta rappresentanza. Per me ha sortito il risultato opposto. In politica non c’è il bianco e il nero, è una scala di grigi. Non troverai mai due persone con posizioni perfettamente sovrapponibili. Dividere lo scacchiere politico in due parti annulla la complessità e annulla anche l’idealità, intesa come appartenenza a una cultura politica. È successo che il partito che vince le elezioni è quello che sottolinea meglio le differenze con gli altri partiti, quello che preme di più sulla pancia dell’elettorato e ne strumentalizza le paure. Se tu dovessi chiedermi cosa preferisco tra nero e bianco, sarò sempre costretto a polarizzare la mia scelta. Di conseguenza il dibattito si appiattirebbe e finirebbe per allontanarsi dalla realtà – è spaventoso vedere come un atteggiamento propositivo e costruttivo vengapenalizzato mentre viene premiata la conflittualità e l’esasperazione del confronto-. Sì, ormai è normale che si cerchi di screditare l’altro atutti i costi, si continua ad avvilire il discorso. Personalmente ho scelto di iscrivermi ad Azione proprio perché ho trovato un partito in grado di dare risposte concrete ai problemi della società. Il suo pragmatismo mi ha affascinato immediatamente. All’interno del partito le differenze possono essere annullate dal dialogo, convivono diverse anime; io mi reputo un progressista di centro, posso avere molte idee in comune sia con una persona di destra che con una di sinistra. Non sto sul mio piedistallo a giudicare gli altri, ma tento di trovare una sintesi politica, possibilmente pragmatica.
D. Ti rivolgo un’ultima domanda sull’attualità: il riaccendersi del conflitto israelo-palestinese è una notizia molto grave che rischia di risolversi in un’ecatombe. In più, scalda ulteriormente gli animi sul
piano internazionale. Come la vedi tu?
R. Vale la premessa: quella israelo-palestinese è una situazione spinosissima che ha le sue radici in millenni or sono. Sono per gran parte in linea con la posizione espressa dal mio partito. Hamas è il peggior nemico della Palestina, dirotta gli aiuti umanitari destinati alla popolazione e la affama. Costruisce le proprie basi sotto strutture civili sensibili come scuole e ospedali. Desidera la distruzione dello Stato d’Israele, unica democrazia del Medio Oriente e legittimamente riconosciuto dalle Nazioni Unite. Ma in Israele al governo c’è la destra estrema di Netanyahu, con ministri come Ben Gvir che fomentano l’odio razziale. Se è vero che il 7 ottobre Hamas ha perpetrato attacchi di inaudita gravità contro civili inermi
è vero anche che, d’altra parte, molte vite innocenti si sono spente per giustificare la lotta al terrorismo. Lo scontro tra estremismi porti solo altra violenza: è scioccante la notizia del linciaggio, fortunatamente evitato, dei passeggeri ebrei in un aeroporto del Daghestan. Così come gli episodi di antisemitismo accaduti in tutta Europa. Sul piano geopolitico stiamo già assistendo a uno scivolamento su scala internazionale del conflitto, ci sono già contrapposizioni evidenti fatte per procura, tramite stati-fantoccio e pressioni economiche. Tutto ciò che ci permette di evitare l’escalation è positivo. La priorità assoluta è evitare il propagarsi dell’uso della forza.
Lascia un commento