di Bruna Osimo
Questi appunti sono una ‘conversazione con me stessa’ che raccoglie pensieri, emozioni, sentimenti che mi hanno attraversato e accompagnato in questi primi mesi dell’anno. Sono il prodotto di ricordi, letture, informazioni e del loro combinarsi, tasselli di un puzzle che si intitola democrazia che mi ha mostrato, ancora una volta, quanto la democrazia sia un bene prezioso «che si è sempre legata alla libertà, mantenendo, di quest’ultima, tutte le più profonde contraddizioni.»[1]
«Negli anni quaranta l’adagio ‘imparare a imparare’ viene introdotto da Gregory Bateson, che ne è l’iniziatore. Il tema è quello del doppio livello dell’apprendimento: l’esperienza come fonte, occasione da cui trarre concettualizzazioni, modelli che possono illuminarne la peculiarità, personale e sociale. Modelli che possono diventare punto di partenza e di stimolo ad apprendimenti futuri … ‘learn to learn’ diventa una guida che orienta e tanti intervengono nel definirla e arricchirla.»[2]
Nelle prime settimane di questo 2022 era in corso nel nostro paese l’elezione del capo dello stato che ha portato Sergio Mattarella al secondo mandato. Qualche giorno prima, mentre in Parlamento cresceva il numero di espressioni di voto per Mattarella, M5S e Lega che avevano formato il primo governo Conte candidavano, insieme a Fratelli d’Italia, Elisabetta Belloni responsabile del Dis, la Direzione delle Informazioni per la Sicurezza[3]. La proposta di candidatura alla presidenza della Repubblica seguiva alle fanfare di alcuni politici e partiti sull’aria del ‘ci vuole una donna’.
La notizia della candidatura fu quasi immediatamente seguita da una voce nettamente contraria, quella di Matteo Renzi con la dichiarazione che «l’idea che il capo dei servizi segreti diventi il presidente della Repubblica è per me inaccettabile». Argomentava con forza il suo no e che l’avrebbe sostenuto anche in solitudine spiegando che «non sta né in cielo né in terra, in una democrazia che rispetti le regole, che il capo dei servizi segreti vada a fare il capo dello stato. È una questione di cultura istituzionale, una cosa sono i partiti e una cosa sono le istituzioni … so cosa sono le istituzioni e con le istituzioni non si scherza, le istituzioni sono di tutti. … Individuare nell’attuale capo dei servizi la persona che può diventare capo del paese … questo può diventare un precedente gravissimo, al netto di una persona meravigliosa come Elisabetta Belloni, e se non viene capito vuol dire che non c’è cultura istituzionale».[4]
Gli argomenti del senatore Renzi mi avevano fatto riaffiorare un ricordo legato agli anni in cui vivevo a Mosca. È il ricordo di una straordinaria donna russa, Galina Vasylienva Starovoitova deputata alla Duma, il parlamento di Mosca, che tra l’agosto e il settembre del 1998 si era battuta contro la nascita del governo Primakov, adducendo motivazioni molto simili a quelle di Matteo Renzi. Infatti dopo il crollo della borsa di Mosca dell’agosto del 1998 che aveva pesantemente indebolito il presidente Yeltsin e fatto decadere la ricandidatura di Sergey Kiriyenko, Galina[5] si era espressa contro l’incarico di governo a Evgenji Primakov[6] perché aveva ricoperto ruoli di responsabilità nei servizi segreti e perché aveva inserito tra i membri del suo governo Vladimir Putin, tenente colonnello del KGB, con un incarico nel campo della sicurezza. Galina votò contro e proseguì dall’opposizione la sua battaglia. Allora vivevo a Mosca e ricordo l’annuncio della sua uccisione data dal canale NTV della televisione russa. Mi pare fosse un sabato mattina e appresi che nella notte del 20 novembre del 1998 era stata uccisa a San Pietroburgo, colpita a morte nell’androne dell’edificio in cui abitava. Nel ricordarla l’emittente ritrasmetteva brani del suo ultimo intervento alla Duma. Quella notizia mi aveva provocato un grande dolore.
L’allarme che mi avevano suscitato le parole di Matteo Renzi affondava anche nel ricordo della battaglia di quella donna russa, deputata e impegnata nella costruzione della democrazia nel suo paese. Era il senso di allarme che avevo sentito a spingermi verso il filo dei miei ricordi, a rivalutarli come esperienza che aveva mostrato come il percorso della democrazia sia impegnativo, richieda una continua riconsiderazione dell’equilibrio tra i poteri, tra rispetto degli ideali e attenzione ai dettagli, tra trasparenza e riservatezza. E sulla pericolosità delle scorciatoie.
Non avrei mai pensato che poche settimane dopo di fronte all’invasione dell’Ukraina e a una guerra scellerata, avremmo fatto i conti con tanto dolore e tanta fragilità a cui espone l’assenza di democrazia. Tra gli effetti della guerra ci sono anche i profughi, in questa guerra in maggioranza donne e bambini che arrivano dall’Ukraina. Il quotidiano La Repubblica ha raccontato di donne e bambini ospiti de «“l’Hotel Transilvania” un posto affacciato sul nulla tra Italia e Slovenia come racconta Felix, il proprietario romeno, barba grigia e cuore grande, dove chi ha perso tutto o non sa più dove andare, si ferma a riposare … Ostello rifugio di letti a castello di più migrazioni … avevo comprato questa struttura per farne un autogrill. I permessi non sono mai arrivati, invece dai boschi qui dietro mi apparivano davanti alla porta ragazzi simili a ombre, laceri, affamati. Afghani, siriani. Ho incominciato a ospitarli.» La giornalista Maria Novella De Luca ci racconta di Felix Andrescu, romeno e triestino di adozione. «Felix di mestiere, vero, fa il falegname, da 23 anni è in Italia, e il suo ispiratore civile, dice, “è il presidente Mattarella”».[7]
Così Felix mi aiuta chiudere il cerchio con il presidente Mattarella che oltre a essere un galantuomo ha anche la capacità di ispirare i suoi concittadini, nativi e non nativi. Prima dell’elezione presidenziale Sergio Mattarella aveva detto in tutti i modi che intendeva ritirarsi a vita privata, «progetto a cui ha rinunciato per l’evidente prevalere dello spirito di servizio … [atto] squisitamente politico nel senso che [questo spirito] appartiene a lui e nel senso che è la politica per sua natura, a conferire alla vita pubblica un valore superiore. Sia il fascino del potere, sia il senso della comunità, è cosa da stabilire volta, ma il risultato non cambia: la politica espone, rapisce, pretende fatica e rinunce.»[8] E non posso dare per scontata la fortuna di vivere in un paese democratico dove – pure con le mille contraddizioni che spesso lo rendono insopportabile – mi è dato di vivere in libertà e condividere il mio vivere con persone capaci di essere grandi nelle istituzioni e nella società.
[1] Alessandro Mulieri, “Democrazia totalitaria”, ed. Donzelli Editore, 2019 Roma, pag.207. La III parte del libro si intitola ‘Hannah Arendt e la democrazia totalitaria’
[2] Ne ho parlato la prima volta qualche anno fa nel portale dedicato alla formazione www.formazioneaperta.it
[3] Elisabetta Belloni è la prima donna a ricoprire il ruolo di dirigente del DIS e viene nominata dal governo Draghi.
[4] La prima citazione è tratta da https://www.ilsole24ore.com/art/quirinale-salvini-e-conte-puntano-una-donna-belloni-pole-ma-renzi-e-fi-frenano-cresce-mattarella-bis-AEItZ0AB. La seconda da una intervista pubblica dal portale di RaiNews24 il 28 gennaio https://www.rainews.it/video/2022/01/renzi-belloni-non-la-voteremo–un-tentativo-dellex-maggioranza-gialloverde–f6dd23ab-3738-41e4-8190-d7621d9fa1be.html
[5] https://en.wikipedia.org/wiki/Galina_Starovoytova
[6] Passa poco meno di un anno e Putin diventa primo ministro. Alla elezioni per la nomina del presidente del 2000 Vladimir Putin si presenta, vince e diventa presidente.
[7] Maria Novella De Luca, “ La porta d’Italia all’Hotel Transilvania. Qui per chi scappa letto, zuppa e peluche” La Repubblica, 26 marzo 2022, pag. 15
[8] Michele Serra, “ Il riscatto della politica”, La Repubblica, 3 febbraio 2022, prima pagina
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