Wuhan e Milano. Virus che circola, comportamenti e sentimenti tra similitudini e differenze.

Carlo Pizzati su La Stampa[i] del 10 aprile cita un filosofo sud-coreano a proposito «della maggiore efficienza dei Big Data nella lotta al virus rispetto alla chiusura delle frontiere», e prosegue «ha funzionato meglio in Asia ‘perché in Asia domina il collettivismo. E l’individualismo si differenzia dall’egoismo che abbonda anche in Asia’ …». Così lo spunto per una conversazione con Margherita Sportelli, docente di lingua e cultura cinese allo IULM e all’Istituto di Alti Studi per Mediatori Linguistici Carlo Bo, a Milano e Bari. Lei ed io ci incontrammo nell’Italtel, l’azienda che Marisa Bellisario aveva risanato insegnando anche l’importanza della presenza femminile in tutti i ruoli, compresi quelli di comando. Recentemente, in un programma di formazione degli adulti Margherita formava alla relazione con i clienti cinesi e io con i russi: ci siamo incontrate nuovamente, e questa volta la nostra amicizia è diventata stabile. La ringrazio per il tempo che ha dedicato a questa conversazione. 

D. All’inizio della circolazione del virus e della epi-pan-demia rimbalza nel mondo il nome di due città, Wuhan e Milano. Quali sono gli elementi di paragone tra queste due città, due territori così lontani tra loro? 

R. Il primo aspetto su cui riflettere riguarda la mobilità del mondo, contemporaneo e antico, la geografia dei territori e le aree strategiche dell’economia del presente.Wuhan e Milano sono entrambe un grande agglomerato industriale, sono centrali nel loro territorio, e destinatarie di una grande pressione demografica.Wuhan infatti è uno dei tre principali cluster industriali cinesi, anche se meno conosciuta di Shanghai e di Pechino: laboratori di ricerca affiancano imprese strategiche nazionali in un progetto globale di innovazione e queste industrie pilota riuniscono anche tutto l’indotto in grandi agglomerati di imprese. Inoltre Wuhan è area di confluenza perfetta dei traffici, sia per la sua posizione centrale in Cina, sia perché è alla confluenza tra fiumi, il fiume Azzurro e il fiume Han, e in Cina il traffico fluviale è molto importante.Nella geografia della Cina, Wuhan occupa una posizione centrale all’incrocio degli assi Est-Ovest e Nord- Sud.  

D. Mi fai venire in mente la centralità di Milano: se si pensa alla mobilità stradale e ferroviaria Milano è una punta del triangolo da cui parte verso est il lato Milano/Verona-Brennero e verso sud il lato Milano/ Modena-Bologna, da dove parte verso nord la Verona- Brennero …

R. Sì nei rispettivi mondi Wuhan e Milano sono all’incrocio di due assi: anche Milano è infatti terra di passaggio tra Europa del Nord e Europa del Sud e tra l’Ovest e l’Est dell’Europa, dall’Atlantico agli Urali. E pensiamo a come Milano nei secoli passati, con i Navigli, fosse punto di confluenza di commerci fluviali e marittimi. Uno spunto, a proposito di questa centralità geografica, viene anche da una osservazione lessicale. Il nome Cina significa «paese di centro» e richiama l’effettiva posizione centrale che il paese occupa nell’area del Pacifico. Qui è a confronto la prospettiva di centralità della Cina in Asia/Pacifico e di Milano in Europa: anche dal punto di visto lessicale, nei rispettivi mondi, Cina «paese di centro» e Mediolanum letteralmente «terra di mezzo».  Terzo fattore di paragone, strettamente legato ai due precedenti economico e geografico, è la pressione demografica fortissima su entrambe le città. E’ vero, Wuhan ha circa la metà degli abitanti di una metropoli come Shanghai, ma si tratta comunque di oltre undici milioni di abitanti registrati, oltre ai quali deve essere calcolata la pressione della emigrazione di floating people provenienti dalle aree rurali limitrofe. Quanto a Milano, sulla città gravita per motivi di lavoro tutta la Lombardia e non solo, c’è uno sconfinamento dell’Italia sia meridionale e sia insulare. Io ne sono un esempio. E la grande pressione demografica è un fattore che facilita la trasmissione del virus.

D. Qualche parola sul viaggio che il virus ha fatto dall’Oriente all’Occidente.

R. Il virus non arriva in Italia attraverso i due turisti cinesi, marito e moglie, provenienti proprio da Wuhan e ricoverati allo Spallanzani di Roma. La coppia intuisce la possibilità di avere subito il contagio e avendo, come i cinesi in genere, un’intelligenza sociale, si auto-isola. Sui social italiani l’autista che guidava l’autobus turistico li ha ringraziati per avere protetto non solo il gruppo ma anche lui.

Il virus è giunto attraverso i traffici commerciali e i contatti umani che questi traffici generano. Parte dalla Cina, attraversa l’Iran, l’Europa dell’Est, la Germania e quindi giunge in Italia attraverso un tracciato che è esattamente quello della via della seta, un tracciato tradizionalmente commerciale e anche culturale. Dalla Cina attraverso la Persia giungono merci, idee e prodotti di lusso – come la seta nel passato – e insieme ai bozzoli di seta si può muovere anche un virus, e non perché la merce sia corrotta ma perché con le merci si muovono le persone.  Questo è un buon motivo per demonizzare la via della seta e le persone che muovono i traffici? Sarebbe una follia!  

D. Vorrei anche conversare con te su similitudini e le differenze delle reazioni alla limitazione della libertà personale. Cosa ne pensi?

R. Questo è il secondo aspetto sul quale riflettere e qui le parole chiave sono collettività e prevenzione.

D. A proposito di collettività, nell’articolo citato, l’autore Carlo Pizzati dice che «il modello cinese, coreano, taiwanese e singaporiano nell’affrontare il virus fanno scuola…accomunati da una mentalità asiatica radicata nell’idea di collettivismo che si rifà più al Confucianesimo che non al comunismo post-maoista» …

R. Sono d’accordo… e ci metterei per certi versi anche il Giappone che trovandosi in quell’area ha respirato, come gli altri paesi, la filosofia confuciana. Il grande senso di collettività dei cinesi non è tanto a trazione del Partito Comunista ma discende dalla cultura confuciana che è nel loro dna. Ci sono correnti anche contemporanee di filosofia etica e politica che si ispirano al principio della collettività e della responsabilità sociale. Ricordo come tra fine gennaio e inizio febbraio, poco prima che fosse decretato il lockdown in Italia, passavo per la zona intorno a Paolo Sarpi, a Milano nota per una forte e decennale presenza di residenti cinesi e tutti giravano con la mascherina chirurgica che serve a proteggere gli altri: anche a Milano abbiamo visto da parte della popolazione cinese applicazioni del principio di responsabilità collettiva.Ci possiamo chiedere come mai in Cina, quando hanno iniziato a chiudere, hanno chiuso drasticamente tutto: in realtà nella loro cultura medica c’è l’appello al principio di prevenzione prima che di cura, e questo non vuole dire che non sappiano curare, ma nella medicina tradizionale cinese la funzione del medico è di prevenire. Nella filosofia cinese i disastri sono previsti, arriveranno, che si tratti di un’alluvione, un terremoto, un cataclisma naturale e a fronte di questa certezza l’unica cosa possibile per gli umani è “salvare il salvabile” con la messa in atto di misure preventive che influiscano sugli esiti del disastro. Anche i giapponesi sanno che i terremoti arriveranno e prevengono gli esiti attraverso una massiccia edificazione antisismica, non i terremoti. 

D. Abbiamo visto un video[ii] in cui la popolazione di Wuhan si congeda dai medici che lasciano la città al contenimento dell’emergenza. Qualcuno ci ha visto propaganda, a me ha molto emozionato, vi ho visto anche l’espressione di una grande gioia per la vita … per te?

R. Il terzo aspetto su cui riflettere sono le emozioni che questo video ci mostra e come vengano espresse.

Al netto di alcune reazioni europee più fredde – che ci possono essere … e si possono anche fraintendere alcuni comportamenti che derivano dalle differenze culturali – inizierei ricordando che per la cultura cinese manifestare il rispetto è importante, la cifra dell’umanità è il rispetto. Mi ha molto emozionato vedere alcuni cittadini inginocchiarsi prostrandosi con il capo in terra. Questo è un atto antico di ringraziamento, che mi ha riportato alla memoria della Cina imperiale, della cultura antica. Inoltre nel video alcuni si inchinano, come un tempo, ad angolo retto, mentre oggi il ringraziamento è espresso solo con un cenno delle spalle. È un gesto antico evidentemente rimasto nel dna cinese e rispolverato in un momento così drammatico. Quel gesto era spontaneo? Provo a rispondere alla domanda andando oltre la mia emozione di ritrovare una Cina antica nella contemporaneità. In Cina il rispetto è ritualizzato e nel rito si può esprimere anche spontaneità, per i cinesi ritualizzazione e spontaneità convivono. Nel video non tutti si inginocchiano, lo fanno singoli individui, è una scelta individuale, un sentire personale. Forse qualcuno tra noi occidentali non vi ha letto spontaneità ma una regia costruita, perché noi occidentali tendiamo a sentire rito e spontaneità in antitesi … ma anche da noi in Italia nelle manifestazioni religiose spontaneità e ritualizzazione convivono. In Cina la ritualizzazione non è mai passata di moda. Tra i medici tanti venivano dal Sud della Cina, da aree come quella di Nanjing, non contaminate dal virus, per un atto di generosità e solidarietà nazionali che anche a noi non sono state estranee.


[i] Carlo Pizzati, «Meno egoisti e più attenti alla collettività», La Stampa, 10 aprile 2020, pag. 15. Il filosofo citato è Byung-Chul Han, sud-coreano.

[ii] Link al video https://www.laprovinciacr.it/video/cremona-e-il-cremonese/245573/video-a-wuhan-la-gente-saluta-i-medici-che-tornano-a-casa.html

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