Democrazia al tempo del corona virus

Eccoci di nuovo! E si riparte sugli intrecci che legano e collegano democrazia e pandemia. Riparto con un racconto.

Quando a fine febbraio iniziano a girare immagini e notizie su quanto accade in Italia – anche in quel territorio dell’EurAsia e che sta tra gli Urali e l’Atlantico – molti si preoccupano di capire cosa stia capitando agli italiani. Anche a Mosca, tra le altre immagini, arrivano dalla Lombardia, quelle dei supermercati presi d’assalto poco prima del lock down nazionale. La mamma di Sergey, una signora oggi ultraottantenne, che vive alla periferia di Mosca, telefona al figlio e le chiede “come sta quella signora di Milano che tu conoscevi, l’hai sentita?” E continua “Ieri vedevo la televisione, sono andata al mio frigorifero e mi sono detta che io non ho bisogno di tutto quello che sta lì dentro, e ho pensato che potresti venire a prenderne un po’ e spedirlo a lei, magari ne ha bisogno!”. È una delle emozioni più forti che ho provato in questi due mesi e ho un po’ sgridato Sergey che me la raccontava ridacchiando.

Io non conosco questa signora, e lei non conosce me. Suo figlio ed io ci incontrammo lavorando insieme a Mosca ormai molti anni fa, diventammo amici e siamo ancora oggi legati da una profonda amicizia. Mi raccontò dei suoi genitori, di suo padre che era un operaio e di sua madre che era una contadina e si era accorta di essere incinta, un giorno, mentre lavorava nei campi. Sergey è diventato nonno per la prima volta a quarantadue anni, ha una straordinaria compagna è un interprete di altissimo livello, insegna italiano all’Università di Mosca e ha questa madre buona e generosa.   

Un paio di settimane fa ho assistito, su Instagram, a una conversazione “notturna” condotta da Matteo Renzi con lo psicologo Massimo Recalcati che ha regalato riflessioni molto interessanti, alcune bellissime, che mi hanno fatto venir voglia di scrivere questa pagina aprendo con il racconto della piccola storia della mamma di Sergey.

Massimo Recalcati ha iniziato la sua conversazione dicendo che «stiamo vivendo un trauma – cioè un evento che separa nettamente il prima e il dopo – e che questo trauma ha una caratteristica collettiva, include un paese, un popolo, un pianeta”». Ha aggiunto alcune frasi su quello che stiamo e possiamo imparare da questo trauma: che «stiamo provando una esperienza di privazione della libertà individuale … eravamo arrivati a pensare la libertà come una proprietà individuale … e oggi vediamo che la libertà si esprime nella solidarietà, che nessuno si salva da solo». Recalcati prosegue con il racconto di «Noè, uomo giusto che sopravvive al diluvio, salva le specie animali e risponde alla potenza negativa traumatica del diluvio con una potenza positiva, e per prima cosa dopo il diluvio pianta una vigna, rimette in moto qualcosa di straordinario … la vite che dà il vino». Conclude chiedendosi … «quale è oggi la nostra vigna … per avere una potenza affermativa, per ripartire?  È un grande compito della politica … Riaprire è il nostro destino, e meno male che c’è la scienza ma non può guidare la scienza [e neppure l’economia] … è la politica …». Conclude rivolgendosi a una politica che sappia guardare avanti e in alto, che guidi sapendo suscitare fiducia e speranza, e ricorda infine che «… anche speranza e fiducia hanno bisogno di carità, cioè di amore, altrimenti corrono il rischio di diventare ideologia».

Questa conversazione mi ha dato lo stimolo a ricominciare. Infatti, dopo avere interrotto in autunno scorso ogni scrittura per impegni di lavoro stringenti, quando mi apprestavo a ricominciare a fine gennaio, è iniziata una epi-pan-demia che sta risucchiando molte, moltissime energie a chi fornisce informazioni e anche a chi le riceve.

Così è il momento di riflettere su alcuni aspetti sulla democrazia ai tempi del corona virus. E questi aspetti e alcuni interrogativi sono il percorso di un piccolo programma di incontri a tema che i miei amici di ventura ed io pubblicheremo in questo sito. Ecco i primi due di cinque in programma.

Inizieremo con una conversazione con Margherita Sportelli, che insegna lingua e cultura cinese all’Università IULM e alla Scuola Carlo Bo. Con lei tenteremo paragoni pohssibili tra il modo come cinesi e italiani hanno affrontato il virus, pensando a quel che ci ha accomuna e o ci differenzia.

Un secondo appuntamento sarà – e lo ringrazio della sua disponibilità – con Gabriele Nissm che ha fondato a Milano il “Giardino dei Giusti” e Gariwo. Con lui converseremo di come si influenzino democrazia e pace e pace e democrazia. L’ispirazione è arrivata da un articolo apparso su Gariwo di marzo che racconta di iniziative comune di israeliani e palestinesi per affrontare la pandemia. Più in generale gli chiederemo se ci siano comportamenti che ha visto nelle persone in questo periodo, e se sì quali  mostrano – per dirla con Recalcati – una forza generatrice positiva.

“Noè costruisce una grande barca”-
ceramica di Sandro Soravia -Albisola

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